I 5 miti con cui gli 883 ci hanno rovinato la vita

Una delle poche certezze che ho maturato negli ultimi anni è che ogni periodo della vita ha la sua colonna sonora: è una costante inevitabile, fuori dal nostro controllo. Si inizia con la ninna nanna stonata del papà e subito si è travolti dalle sigle dei cartoni animati, dall’inno della squadra del cuore la domenica o dalla canzone del saggio di danza che (inutile negarlo) avete fatto ascoltare a tutta la famiglia per mesi e mesi. E tutto ciò non è ancora nulla in confronto a quello che arriva dopo: il vero scoglio, quello che state tentando di rimuovere e rinnegare, è ciò che ascoltavate nell’età delle turbe interiori e delle stronzate, di quando eravate brufolosi, grassi e pieni di ormoni. E’ tanto inutile che guardando le ragazzine pazze per One Direction e Justin Bieber facciamo i superiori: noi eravamo peggio. Peggio, si, perchè se i testi in inglese, loro, li capiscono così e così, noi le canzoni ce le ascoltavamo in italiano e la filosofia solecuoreamore l’abbiamo assorbita come spugne nell’oceano: senza possibilità di ritorno.

Personalmente, e con me un buon 100% dei nati nei 90s, sono stata segnata dagli 883. L’ho realizzato qualche giorno fa mettendo in ordine gli armadi, quando ho riesumato il vecchio ipod e in un impeto di masochismo ho scelto la playlist “mAx & 883” (si, con una lettera maiuscola e una minuscola alternate). Mentre cantavo a memoria tutti i testi di tutte le canzoni che minuto dopo minuto mi propinava la playlist, ho distillato questi 5 miti con cui gli 883 mi hanno rovinato l’esistenza. Andiamo in ordine di playlist:

Lo strano percorso: il mito dell’amore a scuola.

Io, alle medie, ero in B. Immaginate ora l’esaltazione di sentire nella stessa frase “baci sperati, desiderati, tra i banchi della 1b” per una ragazzina che non vedeva l’ora di innamorarsi nonostante nessuno (e quando dico nessuno intendo proprio neanche lo sfigato di turno) si accorgesse della sua esistenza. Morale? Lo strano percorso è stato il primo testo che ho scritto sul diario con le penne colorate, è stata per anni la canzone della speranza e dell’illusione. Si dell’illusione, perchè diciamolo: l’amore a scuola funziona solo sei sei figo. E Max cosa fa? Illude noi, romantici e cessi, infillando pure nel ritornello “per quanto in un secondo tutto può cambiare e nulla resta com’è”. Assassino di buon senso.

La regola dell’amico: il mito dell’amicizia con chi é più buono di te.

La regola dell’amico non sbaglia mai è lo step appena prima dell’innamoramento collettivo per il bono di turno (o viceversa). E’ la canzone di quando canti a squarciagola “non potrei mai vederti come fidanzato” e intanto pensi solo “scegli me scegli me scegli me”, del “mai non vorrai rovinare un così bel rapporto” solo perchè sai che dichiarandoti faresti solo una grande, immensa figura di merda. La regola dell’amico è la menzogna tacita e complice che ti fa accettare di essere sola come una merda. Tanto alla fine il bono si metterà con “la ragazza del mare” che ha conosciuto a Santa nelle uniche 2 settimane che non avete passato insieme.

La lunga estate caldissima: il mito dell’estate che sarà sicuro fichissima.

“Co-me-va, ben tornate in libertà!” io l’avevo sempre pensato rivolto a noi giovani e belle e solo ora mi rendo conto che il buon Max si riferisse alle nostre cosce “che si ripropongono dopo quasi un anno che si nascondevano” (vogliamo parlare di quanto siano spinti questi video!?). La lunga estate caldissima la si iniziava ad ascoltare ad aprile/maggio quando partivano le interrogazioni del secondo semestre e le giornate iniziavano ad allungarsi. La lunga estate caldissima risuonava nel walkman fino a giugno, quando finivano le lezioni e si apriva la stagione del “e ora cosa faccio tutto il giorno?”. Al contrario delle aspettative di Pezzali e delle sue estati caldissime, le mie estati sono sempre volate e ogni volta, senza colpo ferire, il “senso di festa che vola e che va” finiva non appena iniziavano a prendermi in giro perchè non potevo prendere il sole ed ero più bianca dei tedeschi. È inutile fare tanto gli animatori da villaggio turistico per divertirsi per forza: belli miei facciamocene subito una ragione perché se si parte spinti così l’estate non sarà mai all’altezza delle aspettative.

Una canzone d’amore: il mito che sia (ogni volta) amore vero.

Questa canzone è l’inno al periodo ipotetico: se noi ventenni o poco più sappiamo usare congiuntivi e condizionali lo dobbiamo in gran parte a questo capolavoro di testo. Testo rigorosamente cantato sottolineando ogni volta quella S irritantissima e tutti i “uooo” a fine strofa. L’apice veniva poi raggiunto quando il bono della classe, sul pullman della gita, si metteva a strimpellare la suddetta canzone lacrimevole con chitarra, facendo cantare tutte noi cesse ma simpatiche (dai si, almeno simpatiche) in ultima fila. Una canzone d’amore era la canzone dell’inizio delle storie d’amore, di quando arrivava il bigliettino “vuoi metterti con me – SI NO” e ce la si dedicava tra amiche dicendo convinte “ah guarda, te la farebbe ascoltare lui. Sicuro. E’ che è timido“. La verità è che a lui nel 99,9% dei cssi Lui non é timido. È che semplicemente non gli è mai passato neanche per l’anticamera del cervello di fare un gesto lontanamente romantico. Ma a noi cosa interessava? Viva e ancora viva i sentimenti a senso unico.

Nessun rimpianto: il mito dell’ex che soffre per te

L’ex che soffre per amore ha sempre avuto un grande ascendente su noi giovani cuori illusi e speranzosi, e alla fine di ogni storia d’amore (o, il più delle volte, cotta a malapena confessata) “nessun rimpianto” era un must. “Ti alzi un giorno e non ci pensi più” era cantato tra le lacrime ricordando gli ultimi attimi “in cui tu eri qui con me”, pensando “anche lui starà soffrendo per me!”. Un mix perfetto di orgoglio, sicurezza e lacrimevole romanticismo da discount: l’hai amato, lui diceva di amarti (ehm si e se anche non l’ha mai detto, di sicuro l’ha pensato) ma tra di voi non potrà (più?) funzionare. La verità è che da storie nate a senso unico non possono derivare che conclusioni a senso unico. Grazie ancora una volta Max per aver alimentato le nostre iparanoie ed aver distorto la realtà con quelle cazzo di rime baciate.

Detto ciò “APPENA PRIMA DI DORMIIIRE MI SEMBRA DI SENTIIIRE IL TUO RICORDO CHE MI BUSSA MA IO NON APRIRO’!” grazie Max per regalarmi ancora tante emozioni. Senza di te (non) sarei stata così cinica.

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Rug ha detto:

    Leggo per puro caso questo articolo e l’unica cosa che mi viene di dirti è, lascia stare a quello, ascolta Vasco, su che la vita non è così triste se a tutto si impara a dare il giusto peso.

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